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Libera il Rospo

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Salute mentale: una responsabilità collettiva oltre l’ambito clinico

La salute mentale non può essere ridotta a una questione esclusivamente sanitaria. È, prima di tutto, un tema che riguarda i diritti fondamentali, l’equità e la giustizia sociale. Ogni persona infatti è molto più di una diagnosi: è un individuo con relazioni, aspirazioni e progetti di vita.

Su queste basi e in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, istituita per promuovere il benessere psicologico e contrastare lo stigma, l’Ordine degli assistenti sociali richiama l’attenzione sul diritto universale alla cura e sull’importanza di un approccio integrato e comunitario.

La salute mentale interessa trasversalmente tutte le fasce della popolazione, giovani, adulti, anziani e famiglie, e nel contesto post-pandemico, i bisogni sono diventati ancora più urgenti e complessi. Ansia, depressione, solitudine, dipendenze e traumi sono sempre più diffusi, e la risposta non può essere solo clinica.

Il servizio sociale professionale svolge – si legge nella nota pubblicata dall’organismo – “un ruolo fondamentale nel collegare la cura con la vita quotidiana, promuovendo inclusione, autonomia e tutela dei diritti. È presente nei territori, là dove la sofferenza emerge e spesso si nasconde, ed è parte integrante delle équipe che si occupano della salute mentale secondo il modello bio-psico-sociale”.

In Italia, questa giornata arriva in un momento cruciale, mentre si discute del Piano di azione nazionale per la Salute Mentale 2025–2030. “Un piano che – prosegue la nota – pur rappresentando un’opportunità significativa, risulta privo di risorse concrete e lascia irrisolte alcune criticità strutturali: la persistente separazione tra ambiti sanitario, sociale ed educativo, la carenza di investimenti stabili nei territori, e una scarsa valorizzazione delle professioni sociali”.

Appare dunque urgente: superare la frammentazione tra i sistemi di cura, costruendo risposte integrate e continuative; rafforzare l’approccio comunitario, promuovendo la salute mentale nei luoghi di vita quotidiana; riconoscere pienamente il ruolo del servizio sociale nei Dipartimenti di Salute Mentale; coinvolgere attivamente utenti e famiglie nella progettazione dei servizi e investire nella prevenzione e nella capacità di intercettare precocemente il disagio.

Il benessere mentale è un bene pubblico e collettivo. Per questo, è necessario un impegno condiviso da parte delle istituzioni, dei professionisti e delle comunità. Senza un reale potenziamento dei servizi territoriali e senza integrazione tra i sistemi, ogni piano rischia di restare lettera morta. Affermare il diritto alla salute mentale significa agire, non solo commemorare.

Fonte: La Voce MBA

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