Non siete amici, ma nemmeno una coppia. Non c’è un “noi”, eppure nemmeno la voglia di mettere un punto. Sempre più persone si ritrovano in questo limbo emotivo, spesso senza rendersene conto. Si chiama situationship: quel “qualcosa” senza nome, senza regole, senza impegni né progetti condivisi. C’è attrazione fisica, a volte anche un legame emotivo, ma non abbastanza da costruire una relazione vera e propria. Per alcuni, è proprio questa assenza di regole a renderla irresistibile — e sì, può andare avanti per mesi, persino anni.
Uno studio condotto dal professor Mickey Langlais e pubblicato su Sexuality & Culture ha seguito per tre anni queste relazioni a metà strada tra incontri occasionali e rapporti stabili. Il risultato? In media danno meno soddisfazione rispetto a una storia “ufficiale”, ma per molte persone restano comunque difficili da interrompere. Si è intimi, si passa del tempo insieme, ma si evita accuratamente di parlare di futuro o di esclusività.
Gli studiosi hanno preso sette ingredienti tipici delle coppie “classiche” — esclusività, investimento, bisogni emotivi, comunicazione sul futuro, impegno, priorità e fiducia — e hanno scoperto che, nelle situationship, questi elementi sono presenti in modo intermittente. Basta quel poco per restare, magari con la speranza che un giorno le cose cambino.
L’impegno del partner, in questi casi, non è la variabile più importante: conta di più sentirsi ascoltata, ricevere attenzioni e trovare risposta ai propri bisogni emotivi. Molti vivono la situationship come un “purgatorio” sentimentale: un periodo di prova per capire se si è pronti a fare sul serio.
Due teorie aiutano a capire perché si resta:
- Teoria dello scambio sociale: si rimane quando i benefici superano i costi.
- Modello di investimento: più tempo ed energie hai speso, meno vuoi rinunciare, soprattutto se non intravedi alternative migliori.
E così si va avanti, in bilico tra attesa e speranza, senza certezze… ma nemmeno la voglia di mollare del tutto.
Se ti riconosci in questa descrizione, forse è il momento di fermarti e chiederti: questa “zona grigia” ti fa stare bene o ti tiene fermo in un limbo che non ti permette di crescere? Parlare con un professionista può aiutarti a fare chiarezza.
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